Se lo analizzi, il vitello tonnato è un piatto di una semplicità disarmante. Carne lessata e raffreddata, affettata fine e velata di salsa al tonno. Onnipresente nelle gastronomie, nelle vetrine delle tavole fredde come nelle mense aziendali, non c’è dubbio che possa essere pessimo oppure ottimo, passando per una banale mediocrità. Certo che se è fatto bene è buono assai. In fondo, le regole d’oro dettate dalla tradizione (che per chi non lo sapesse è piemontese) sono poche. Si comincia dalla carne. Non un taglio qualunque. Non il pesce del titolo, dunque, muscolo della coscia venato di grasso e connettivo e più adatto a bolliti dalla cottura lunga. Neppure il filetto, che è addirittura sprecato, e poi è troppo magro e rischia di rimanere asciutto, se servito freddo, a meno di non tenerlo davvero rosa. La morte del vitello tonnato è, invece, il magatello, che si chiama anche girello ed è anch’esso magro, ma con una buona fibra che permette di ottenere fettine sottili e compatte, che non si sfilacciano sotto il coltello o la lama dell’affettatrice. A patto, naturalmente, di tagliarlo da freddo e, già che ci siamo, di averlo fatto raffreddare nel suo brodo, che durante il riposo lo infiltra mantenendolo morbido e succoso. Anche qui, non stracuociamolo: un pezzo da circa 350-400 g è pronto in circa mezz’ora di cottura a fuoco dolce. Poi c’è il capitolo salsa. Che NON è maionese mescolata a tonno sminuzzato. Ma la salsa è un’altra storia. Da scoprire qui. Ti aspettiamo!